ANAMORFOSI - 5 Semiofori
21-06-2021
;Le vetrine della milanese via della Spiga ospitano in questi giorni alcune opere d’arte; il che, a ben vedere, non comporta un mutamento della loro funzione abituale: ora come prima espongono oggetti il cui costo è commisurato allo statusche il loro possesso implica. Ma questa è un’osservazione incidentale, oltre che scientemente tendenziosa. Ciò che ci importa segnalare è la presenza – in quelle vetrine – di alcune pecore rozzamente reinterpretate dall’artista tedesca Judith Hopf quali blocchi di cemento su gambe di metallo. Una stilizzazione ironica, animata solo dalle “fisionomie” scarabocchiate che vi fanno capolino qua e là, in un carosello di stupori, perplessità, scontentezze. Le pecore della Hopf, sintesi di quella scabra semplificazione del vivente che pertiene per lo più al fumetto, allude però ad altre semplificazioni e a non meno indecifrabili animazioni. Si sa, o si dovrebbe sapere, che gli androidi sognano pecore elettriche, ma cosa fanno quando sono svegli? La macchina antropomorfa – l’Automa che scrive – realizzata nel 1773 da Pierre Jaquet-Droz e Jean-Frédéric Leschot rispondeva con quello che, con ardita sintesi linguistica, potremmo definire un truismo deittico: “Nous sommes les androïdes”, vergava con la sua mano da bambino metallico. Ma non senza aggiungere un decisamente più impegnativo “Cogito ergo sum”. La speranzosa meraviglia sucitata ai tempi da simili marchingegni, circa un’imminente rivoluzione post-umana e il sorgere di un’età delle Macchine Intelligenti, non deve trarci in inganno, così come non deve ammansirci l’entusiasmo di certi manuali scolastici d’oggi. Di solito – ci ricorda il grande Ernst Cassirer nel suo Die Philosophie der Auflkärung (1936) – si considera il passaggio al “meccanismo” e al “materialismo” come un segno caratteristico del XVIII secolo (…). In realtà invece questo materialismo com’è rappresentato per esempio dal Sistema della natura di Holbach e da L’uomo macchina di La Mettrie, non è che un fenomeno isolato, assolutamente privo d’importanza tipica… La transizione dall’inorganico al simil-organico non passa insomma banalmente per un generico affermarsi della Macchina come idea-guida di una nuova esegesi naturale, né per il macchinismo industriale che di lì a poco travolgerà l’Europa. I processi che giacciono dietro questo affratellamento tra umano e inumano rispondono a una logica non lineare. I simulacri biomeccanici che oggi affollano le fiere della tecnologia (una rapida scampagnata su YouTube sarà sufficiente a rintracciarne diversi) sono in effetti, almeno all’apparenza, la manifestazione di un’analoga dissonanza. In essi assai più che il principio d’investimento immediatamente fruttifero che prevale in ogni altro campo dell’attività economica si disegna un che di elusivamente estetico. Nell’ambito della massima implementazione razionale e tecnica vive un principio di de-razionalizzazione. Un principio artistico, in un certo senso.
Non è cosa da poco. Torneremo a parlarne.
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